Cenacolo da Andrea del Sarto
“Grandezza, maestà e grazia infinita di tutte le figure”. Sintetica e calzante la definizione che Giorgio Vasari riporta descrivendo il magnifico affresco di Andrea del Sarto dipinto nel convento di San Salvi. Impeccabile disegno, perfette figure delineate, panneggi mossi delicatamente dal chiaroscuro sono i protagonisti dell’Ultima Cena che occupa l’intera parete di fondo del vasto refettorio.
Le origini del monastero ci riportano al 1048, con la fondazione del convento dedicato a San Michele a San Salvi da parte S. Giangualberto, monaco vallombrosano. L’ordine divenne talmente potente da poter vantare di camminare da Vallombrosa a Firenze su terreni di loro proprietà.
Creare Spazio
Nei secoli il prestigioso convento venne ampliato e si arricchì di opere d’arte di rilievo come il Battesimo di Cristo di Verrocchio e Leonardo da Vinci.
A inizio Cinquecento, grazie ai finanziamenti di Don Ilario Panichi, fu costruito e decorato il Refettorio Grande con annessa sala del lavabo e cucina. Fu proprio l’abate Panichi nel 1511 ad incaricare il giovanisimo Andra del Sarto (1486-1530) per la decorazione della parete di fondo.
Stile e Contraversi
Inizialmente l'artista dipinse il sottarco, con l'aiuto di Andrea di Cosimo Feltrini per le grottesche e probabilmente del suo collega di bottega Franciabigio per le figure dei santi. Nel sottarco, tra grottesche e quadrature, si trovano cinque medaglioni dedicati ai santi protettori dell’Ordine Vallombrosano: San Giovanni Gualberto, San Salvi, San Bernardino degli Uberti e San Benedetto.
Il quinto medaglione, in posizione centrale, raffigura la Trinità attraverso il Trifrons, uno dei simboli di fervente spiritualità reintrodotti dal Savonarola.
I lavori furono poi sospesi per circa quindici anni, fino a quando Andrea del Sarto fu richiamato nel 1527 ad affrescare l'Ultima Cena, completata in sole sessantaquattro giornate. L’artista, qui al pieno della maturità, aveva nel frattempo accentuato l'intensità devozionale dei soggetti e sviluppato importanti ricerche sul colore sviluppando l’affresco a tutta parete (462x872 cm).
Dimostra Grandi Emozioni & Maturità
Il dipinto presenta un pavimento delineato in prospettiva, una tavola rettangolare che taglia lo spazio orizzontalmente, coronato in alto da una balconata. Attorno alla tavola, coperta da una candida tovaglia, sono raffigurati tutti gli Apostoli attorno a Gesù, sullo stesso lato del tavolo. Giuda, come già fece Leonardo, non è separato come tradizione dagli altri, volgendosi di spalle, ma è alla destra di Gesù, fedelmente al testo evangelico di Giovanni con la mano sul petto a dimostrare la sua incredulità, mentre riceve da Gesù un pezzo di pane inzuppato. Alla sinistra di Cristo è posto il suo discepolo prediletto, Giovanni, che si protende verso di lui, mentre Gesù gli riserva un gesto di affetto intrecciando le dita in uno dei dettagli piu’ struggenti dell’affresco.
La figura di Cristo appare così isolata al centro, tra lo sconcerto legato alle sue parole che si propaga fino alle estremità del lungo tavolo, nel commosso ma misurato gesticolare degli apostoli. Per questa scena esistono numerosi disegni preparatori, che certificano l'accurato studio delle pose dei personaggi e dell’anatomia di mani e piedi in particolare. Molti di questi sono conservati oggi nel Gabinetto delle Stampe e dei Disegni degli Uffizi ma si osservano alcune riproduzioni a lato del cenacolo.
Davvero singolare fu la storia dell’affresco durante l’assedio di Firenze nel 1530. L’armata di Carlo V si accordò con quella fiorentina per salvare dal tiro delle artiglierie e dalle mine dei guastatori il Cenacolo. Persino i soldati imperiali furono così ammaliati dalla sua sorprendente Bellezza da risparmiarlo. Nel 1534 il monastero divenne femminile, legato ad una rigida clausura che rese l'opera praticamente ignota ed invisibile fino alle soppressioni conventuali dell’Ottocento. Ne esistevano però diverse copie, tra cui quella di Ridolfo del Ghirlandaio in Santa Maria degli Angeli e quella di Alessandro Allori nel Carmine.
Fortuna e Tempismo
La parte più originale del cenacolo è quella superiore dove l'artista rappresenta una terrazza dove due personaggi, sullo sfondo di un cielo al tramonto, assistono all’Ultima Cena. Si tratta di una piccola scena di genere, poiché uno dei due tiene un vassoio ed è quindi un servitore della locanda, mentre l'altro, con le braccia saldamente appoggiate alla terrazza come se avesse appena finito di sbirciare giù, rivolge lo sguardo verso di lui, ruotando la testa di profilo.
Dettagli da Notare
I colori sono brillanti con mezze tinte che danno effetti cangianti come shantung di seta: violetto, arancio, turchese fino al verde della splendida veste di Giuda. Il sapiente uso del chiaroscuro dà l'idea del movimento a queste vesti e plasticità ad ogni figura.
Nella tradizione dei cenacoli dipinti nei monasteri fiorentini, quello di Andrea del Sarto è considerato solitamente il punto di arrivo più alto di un percorso avviato a metà del Trecento. Non delude nessuno dei visitatori che si concede la calma di esplorare i dintorni meno battuti della città. Anche a questo gioiello nascosto si accede con biglietto gratuito. Semplicemente incantevole.